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domenica 7 luglio 2013

The Colour out of Space (Il colore venuto dallo spazio) - Howard Phillips Lovecraft




Una premessa.



   Ai tempi delle superiori mio cugino mi prestò un libro che aveva colpito la mia attenzione. Diceva che gli era stato dato come lettura estiva, nello stesso periodo in cui io stavo leggendo "Io non ho paura" di Niccolò Ammaniti sempre per lo stesso motivo (tutto sommato fu una lettura piacevole, finché continuai).
   Una sera, messo da parte "Io non ho paura", decisi di dedicare un po' di tempo al libro che mi ero fatto prestare. Il titolo non me lo ricordo precisamente, ma era una raccolta di racconti dell'orrore e c'era in copertina un'immagine del quadro "Guernica" di Picasso e il nome dell'autore: Howard Phillips Lovecraft. Un nome che non mi diceva niente.
   Apertolo, lessi il primo racconto, "Il colore venuto dallo spazio". Il titolo mi sembrò strano, così continuai a leggere. Posso soltanto dire che alla fine dell'estate del libro di Ammaniti non avevo letto nemmeno la metà e mi dovetti arrangiare a usare internet per avere informazioni sulla parte mancante, mentre quello di Lovecraft l'avevo persino riletto una seconda volta.


Di Cosa Parla.

   La storia ci viene narrata da un tecnico idrico che ricorda il giorno in cui andò a fare un sopralluogo in un paesino di campagna nei pressi della città di Arkham. Giunto nel luogo troverà, in mezzo al verde delle foreste e dei campi, un'area totalmente morta che la gente del posto chiama Landa Folgorata ma di cui non parlano volentieri, riferendosi a "i giorni terribili." Solo una persona, il vecchio Ammi, accetta di parlare della storia a cui quella terra morta è legata. Ma l'anziano uomo è considerato pazzo, e anche la storia che esce dalla sua bocca sembra una follia, tanto è inquietante e incredibile.
    I giorni terribili cominciarono con la caduta di un meteorite dal cielo, che si schiantò vicino al pozzo di una fattoria del luogo e attirò presto le attenzioni degli scienziati di Arkham, interessati ad analizzarlo. Ma le loro operazioni risvegliano qualcosa di sconosciuto che dimorava all'interno del corpo celeste e che s'insinuerà nella terra circostante con conseguenze terrificanti.



   
   "Il colore venuto dallo spazio" è un'abile unione tra fantascienza e horror, con lo stile inconfondibile di Lovecraft che riesce a trasmettere il senso di angoscia e paura che accompagna il lettore dall'inizio alla fine. H.P.L tende a non descrivere in maniera dettagliata ciò che il narratore vede, tuttavia durante la lettura si riesce ugualmente a visualizzare quello che intendeva dire.
   Concludendo, consiglio di leggerlo. Ritengo che tutti dovrebbero leggere un'opera di H.P.L almeno una volta, in particolare chi ha amato le opere di Edgar Allan Poe ed è interessato a scritti simili, se non persino superiori sotto diversi aspetti.
   E se volete un altro motivo per leggere Lovecraft, sappiate che Stephen King ne è un grande ammiratore.

giovedì 4 luglio 2013

Chiba, The Ghost-Watcher! - Episodio I

Il Primo Giorno
Konachan.com - Orihara Izaya


   La mattina del suo secondo anno di scuola superiore era una bellissima giornata di sole, ma Chiba non poteva vederlo perché i raggi che filtravano da dietro le tende erano insufficienti per destarlo dal sonno. La sveglia elettronica sul comodino accanto al letto emetteva un ripetuto bip-bip che non sortiva l’effetto sperato.
   Per fortuna c’era chi sapeva che cosa stava accadendo. Passi pesanti risuonarono sulle scale, poi la porta si aprì con un colpo secco e proprio mentre Chiba si girava sul fianco sinistro, infastidito da quel rumore, qualcosa si appoggiò bruscamente sopra la sua tempia, strappandolo al sonno.
   «Svegliati o farai tardi, cretino.»
   La testa di Chiba scattò in alto, seguita dal suo pugno sinistro che colpì l’aria perché il nuovo venuto ritirò il piede di scatto, guardandolo dall’alto del suo metro e ottanta mentre mangiava del riso da una ciotola con le bacchette.
   «Mi posso svegliare anche da solo. Piantala di farlo tu in questo modo, Toshio!»
   Deglutito il boccone, Toshio ridacchiò. «Se avessi uno yen per ogni volta che l’hai detto, a quest’ora non servirebbe più che andassi a lavorare!» Un ghigno si allargò sul suo viso, mentre i suoi occhi neri fissavano quelli simili del fratello.
   Irritato, Chiba si alzò dal letto e chiese in modo piuttosto brusco al fratello di uscire dalla stanza. Questi fece come da lui richiesto, dicendo: «La colazione è sul tavolo. Datti una mossa o a scuola dovrai andarci correndo.»
   La predica lo infastidì ulteriormente, ma l’idea non gli piaceva affatto e si diede in fretta una sistemata nel bagno di fronte. Indossò i pantaloni neri e la camicia bianca dell’uniforme scolastica, mentre dal piano inferiore venne il rumore della porta d’ingresso che si chiudeva alle spalle di suo fratello. Cercò di dare una forma ai suoi capelli corvini, con scarsi risultati.
   Scese e andò in cucina, dove trovò sul tavolo un vassoio con una ciotola di riso con alghe e del pane bianco di fianco. Il tempo era clemente: l’orologio sulla parete segnava le sette e trentadue. “Da come diceva Toshio sembrava molto più tardi” pensò mentre iniziava a mangiare. Terminò il pasto con accorta rapidità, prese la cartella che aveva appeso alla sedia vicina e uscì di casa.
   La luce del sole lo accolse: facendosi schermo con la mano sinistra per quell’attimo che bastò a far sì che vi si abituasse, uscì dal piccolo giardino, e chiuso il cancello s’avviò lungo la strada con la cartella appoggiata sulla spalla e la mano destra affondata nella tasca dei pantaloni.


   Un paio di deviazioni, e in poco tempo si trovò sulla strada principale di Ayagi, nei pressi dell’ingresso ovest del distretto commerciale. Marciapiedi e strada erano entrambe colme rispettivamente di gente e veicoli: ovunque si posasse lo sguardo si potevano vedere palazzi più o meno alti, molti con sopra insegne pubblicitarie. Sulla fiancata d’uno di questi un grande schermo trasmetteva le previsioni meteorologiche: sole per tutta la giornata.
   “Una buona notizia” pensò Chiba mentre s’apprestava a salire le scale del ponte pedonale. Due sue coetanee con l’uniforme di un’altra scuola camminavano davanti a lui, parlando tranquillamente. Abbassò per un istante lo sguardo sulle loro gonne a quadri, poi, giunto in cima alle scale, le superò procedendo con passo sostenuto tra gli altri presenti.
   Al centro del ponte, appoggiata alla balaustra, c’era una bambina con un nastro azzurro tra i corti capelli neri e un abito bianco a un pezzo terminante in una lunga e ampia gonna.
   “Ancora lei” pensò Chiba, continuando a camminare. La bambina si voltò verso di lui con espressione vuota, fissandolo brevemente prima di ritornare a guardare il traffico.
   Chiba sospirò, indeciso tra il tirare dritto oppure fermarsi per chiederle se avesse bisogno di qualcosa, magari ottenendo una risposta, a differenza dell’ultima volta. “Se la gente mi vedesse crederebbe che sono un pazzo che parla solo.”
   Da quanto ne sapeva, in tutta la città soltanto lui era in grado di vedere i fantasmi.
   Corrugò la fronte, fermandosi. Nonostante tutto non riusciva ad andarsene facendo finta di nulla. "Vediamo almeno di non sembrare un povero pazzo." Prese dalla tasca le chiavi di casa e quando fu in prossimità del fantasma le lasciò cadere. «Accidenti» borbottò, inginocchiandosi per raccoglierle. Sentì una bassa risata, ma quando sollevò lo sguardo non riuscì a individuare il responsabile tra la gente che attraversava il ponte pedonale. "Lasciamo perdere. Concentriamoci sulla bambina."
   Quando riportò l'attenzione su di lei, se la ritrovò a un soffio dal viso. Sussultò per la sorpresa, ma riuscì ad abbozzare un sorriso mentre abbassava di nuovo lo sguardo sulle chiavi, fingendo di controllare che ci fossero tutte. "E ora che faccio? C'è troppa gente, se dico qualcosa mi sentiranno. Ma è un fantasma, forse riesce a sentire i miei pensieri." Alzò gli occhi su di lei. "Dai, dimmi che cosa ti serve per riposare in pace."
   La bambina spostò la testa di lato, fissandolo con quel suo sguardo inespressivo. "Beh…non è che questo mi aiuti a capire. Fai un cenno di testa, dannazione!"
    Resosi conto di essere rimasto troppo tempo inginocchiato, Chiba sospirò e fece per alzarsi prima che qualcuno si fermasse per chiedergli se si sentiva male. In quel momento, le mani della bambina scattarono in avanti e gli afferrarono il viso, trasmettendogli una lieve sensazione di freddo che tutto sommato era anche piacevole.
   «Che…» iniziò Chiba, ma le altre parole gli rimasero in gola quando davanti agli occhi gli apparve qualcosa, tanto improvvisamente da fargli spalancare le palpebre.


Piedi nudi che salgono scale di legno che scricchiolano.

Un muro macchiato di sangue fresco.

Una figura alta di spalle, immersa nella penombra, che trascina un corpo dalla caviglia.

Una casa a due piani che arde oltre un basso muretto, mentre da lontano echeggia il suono della sirena dei vigili del fuoco.


   Insieme alle immagini avvertì anche sensazioni spiacevoli: confusione, agitazione, disperazione, paura, terrore. Dolore. Alla fine Chiba si staccò dalla presa del fantasma con un grido e crollò seduto sul pavimento, pallido in viso e col cuore che batteva tanto forte che lo poteva sentire nelle orecchie. La gente si fermò a guardarlo, altri lo fissarono mentre gli passavano accanto; alcuni mormoravano cose, di cui Chiba colse solamente una frase. «Ma che gli ha preso a quel pazzo?»
   La bambina era svanita. "E' così…che è morta?" pensò sconvolto mentre si rimetteva in piedi. "Credevo in un incidente." Comunque adesso aveva ben chiaro il motivo per cui il suo spirito non era riuscito a trapassare.
   Un forte schiaffo sulla schiena spinse Chiba in avanti di alcuni passi. «EHI!» esclamò, voltandosi a denti e pugni stretti. La sua espressione passò a una sorpresa quando vide un ragazzo della sua età e altezza vestito con la sua stessa uniforme, il viso di forma triangolare e corti capelli neri. Portava la cartella sulla schiena e aveva la mano sinistra affondata nella tasca.
   «Ehi!» esclamò quello con un sorriso strafottente. «Meglio dire "buongiorno", non pensi?»
   Chiba non si sentiva dell'umore, ma abbozzò lo stesso un sorriso. «Non certo se finisco per vederti così presto, Shohei.»
   Quello fece una faccia esageratamente triste. «Oh, così mi ferisci! Pensavo che la lontananza per le vacanze estive ti avesse fatto piangere sul cuscino.»
   Chiba ghignò, sentendosi più rilassato. "Meno male che sei arrivato tu." «Certo che ho pianto, ma di gioia.»
   «Male, Nagase! Molto male! Un vero uomo non piange mai. Per penitenza adesso verrai con me!»
   Chiba inarcò un sopracciglio. «Io vado a scuola. Non so quanto convenga mancare il primo giorno.»
   «Ma che dici?! E' proprio perché è il primo giorno! Tanto dopo la cerimonia di inizio anno non è che si farà granché.» Shohei sorrise ancora di più. «Forza, non farti pregare!»
   Chiba ci pensò sopra. "Non è che ha tutti i torti. E poi non mi va più di andare a scuola, adesso." «E va bene. Che avevi in mente?»
   «E' una sorpresa.»

lunedì 1 luglio 2013

Corpse Party: Blood Covered (Manga)







   C'è da dire che ho sempre amato i manga a tema horror. Purtroppo in Italia non ne vengono pubblicati molti, o comunque quando li scopro sono troppo avanti coi volumi oppure terminai da un pezzo. Chiamatelo pure pessimo tempismo. Così ho iniziato ad affidarmi ai gruppi di scan inglesi, trovandone a bizzeffe. Tra questi il manga che mi ha colpito di più è questo sopracitato, di cui esistono anche una serie di visual novel per PSP e una vecchia versione per PC del 1996. Non avendo la prima e non essendo ancora riuscito a trovare la seconda, mi limiterò a parlare del manga.
   Vediamo di cosa si tratta.


TRAMA

   

   Un tardo pomeriggio dopo le lezioni, durante un temporale, alcuni studenti dell'Accademia Kisaragi sono riuniti nell'aula con la sola luce della candela a illuminarli, ascoltando la storia della loro capoclasse, Ayumi Shinozaki, riguardo a un tremendo omicidio avvenuto molti anni prima nella Scuola Elementare Tenshin, che fu demolita per lasciar posto al loro istituto liceale.
   Sembra una storia di terrore come tutte le altre, tuttavia quando Shinozaki convince gli altri a fare un rito sostenendo che in tal modo sarebbero tutti rimasti amici per sempre, un violento terremoto li catapulta in quello che si rivela essere la Scuola Elementare Tenshin. Ma non sono soli: aule, corridoi, ovunque tra la sporcizia e le rovine ci sono cadaveri più o meno vecchi, mentre fantasmi e altre presenze si aggirano per l'edificio, dimostrandosi un'aiuto oppure attentando alla loro vita.



Sembra che dovrebbe anche uscire un a-movie quest'anno,
anche se non sono notizie certe.



IL MIO GIUDIZIO


   Corpse Party: Blood Covered è un ottimo manga in cui terrore e suspence vengono gestite abilmente, riuscendo a far avvertire al lettore la sensazione che accadrà qualcosa anche in momenti di relativa calma. La violenza è ben dosata in base alle situazioni. I personaggi, squisitamente caratterizzati, passano da vari stati di shock e terrore a tentativi di farsi forza, a vicenda o da soli, in modo da riuscire a trovare una maniera di sopravvivere, sebbene non siano in grado di affrontare le presenze maligne che infestano l'edificio.





   Per quanto riguarda l'aspetto grafico, il disegno dei personaggi è semplice ma gradevole, mentre l'uso del bianco e del nero è utilizzato in maniera saggia per adattarsi alle varie atmosfere.
   Nel complesso una bella storia, non banale né scontata e ricca di colpi di scena.
   Il manga è scritto dMakoto Kedōin e disegnato da Toshimi Shinomiya.